Un nuovo e devastante
terremoto sull’Appennino centrale, nelle aree interessate dal progetto di
gasdotto Rete Adriatica, un ulteriore gravissimo rischio.
Nella notte fra il 23
e il 24 agosto 2016 la Terra ha tremato nuovamente, per l’ennesima
volta, sull’Appennino centrale, fra Lazio, Abruzzo,
Umbria e Marche.
Un nuovo devastante
terremoto, con il suo calvario di morti, feriti, paesi distrutti,
strade e altre opere pubbliche lesionate,
Siamo vicini alle
popolazioni così duramente colpite e sentiamo il forte
obbligo morale di ricordare che le conseguenze, se possibile, potrebbero essere
peggiori.
Infatti, si tratta di
aree interessate dal progetto denominato
gasdotto “Rete
Adriatica”, noto anche come
“gasdotto appenninico”, opera che, nella sua attuale configurazione,
riuscirebbe a unire lo scempio ambientale della dorsale
dell’Appennino con l’aumento del pericolo per l’incolumità pubblica a
causa del rischio sismico fra i più elevati in Italia per giunta con
l’esborso di ingenti fondi pubblici.
Infatti,
la
“grande
opera” d’interesse privato ma di
finanziamento pubblico
determinerebbe – per il suo folle tracciato – un vero e proprio
disastro
ambientale
(interseca pesantemente ben 3 parchi nazionali, 1 parco naturale regionale, 21
fra siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale) ed
economico-sociale
(basti pensare ai danni alle zone turistiche umbre e marchigiane, nonché alle
pregiate tartufaie appenniniche), senza contare il gravissimo pericolo
determinato dall’interessare numerose aree in zona sismica
“1”, nel
tratti abruzzese, umbro e marchigiano, alcune fra le zone maggiormente a rischio
sismico d’Italia.
Infatti, il progetto
intercetta le zone altamente sismiche di Abruzzo, Umbria, Marche.
Si snoda lungo le
depressioni tettoniche dell’Appennino Centrale
storicamente interessato da un notevole tasso di sismicità, con eventi anche di
magnitudo elevata, come il terremoto
del 6 aprile 2009 che ha colpito L’Aquila e molte
altre località dell’Abruzzo, e il terremoto
del 26 settembre 1997 che ha colpito l’Umbria e le
Marche. Aree interessate da forti sciami sismici,
come quello di fine marzo 2014 in
Umbria (Gubbio – Città di Castello), e dell’aprile
2013, sempre a Città di Castello.
Nel tratto relativo
all’Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche, su 28 località attraversate dal progetto di
metanodotto, 14 sono classificate in zona sismica 1 e 14 in
zona sismica 2. Anche il sito proposto per la centrale
di compressione, localizzata a Sulmona, ricade in zona
sismica di primo grado. E’ agevolmente documentabile quanto sopra con
l’impressionante mòle di dati presente sul sito web istituzionale (http://www.ingv.it/) dell’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (I.N.G.V.), la massima
Istituzione scientifica nazionale in materia.
Esclusivamente
forti interessi
economici, non il
benessere delle popolazioni interessate, muovono il Gruppo Snam: l’intenzione è
chiara, costituire in Italia una
“piattaforma” per vendere gas nel resto
d’Europa.
Sulla
spinta delle determinatissime azioni
legali e
iniziative di
sensibilizzazione
di
associazioni e comitati ecologisti – in particolare Gruppo d’Intervento Giuridico
onlus, i Comitati cittadini per
l’ambiente – Sulmona, il
Comitato
interregionale “No Tubo”
–
nonché da parte di Enti locali, l’VIII
Commissione permanente “Ambiente” della Camera dei
Deputati aveva
approvato il 26
ottobre
2011 all’unanimità la risoluzione
n. 7/00518 presentata il 15 marzo 2011 (prima
firmataria on. Raffaella Mariani, P.D.) che ha impegnato
il Governo alla modifica del tracciato del
gasdotto appenninico “Rete Adriatica”. Finora il Governo
ha solo tergiversato.
Tuttora i
provvedimenti di approvazione ambientale del progetto di
gasdotto sono oggetto di
contenzioso in sede
nazionale ed europea.
E’ troppo chiedere uno
straccio di buon senso in questo benedetto Bel
Paese?
p.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
Stefano
Deliperi
ulteriori
informazioni su http://gruppodinterventogiuridicoweb.com
Gruppo d'Intervento Giuridico onlus
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